D1 — Nel 2013 Timothy Morton pubblica Hyperobjects, un libro al quale il nostro disco è ispirato. (Per avere un’idea di cos’è un iperoggetto, pensa al riscaldamento globale, che è: non-locale, viscoso, esteso nel tempo, ecc. ecc.). Morton nel suo libro fa anche vari esempi di hyper-music, passando dai My Bloody Valentine a The Well Tuned Piano di La Monte Young. (Qui puoi ascoltare un mixtape fatto dai ragazzi di Not con alcune selezioni sulla base dei nomi fatti da Morton). Ora, senza necessariamente conoscere nel dettaglio ciò che dice Morton nel libro, se tu dovessi immaginare una hyper-music, quali caratteristiche dovrebbe avere secondo te? Perché?
Toni - Piuttosto che inventare un mio concetto di hyper-music preferisco provare a rimanere strettamente sul tema, cercando di seguire per quanto possibile le definizioni e le indicazioni di Morton. Non avendo letto il libro, e non avendo intenzione di farlo nel breve termine, l'idea che mi sono fatto è basata su commenti e recensioni lette in giro (e ovviamente sulle illuminanti chiacchierate fatte con l'fr [ndTHEd - uno dei nostri membri]).
Dopo varie letture sono riuscito a oltrepassare quel senso di pretestuoso e artificiale che mi trasmetteva inizialmente tutta la questione e ho avuto la sensazione di mettere qualcosa a fuoco. Un passaggio di un'intervista al traduttore italiano del libro, Vincenzo Santarcangelo, mi è sembrato particolarmente illuminante:
"Una volta che — attraverso un percorso di riflessione non proprio intuitivo — siamo in grado di capire che razza di entità sono gli iperoggetti e di rapportarci a esse, siamo già fuori dalla modernità. Perché? Perché il moderno è stata un’epoca caratterizzata dall’idea di mondo — e il mondo, dice Morton, è già finito da un pezzo. Il mondo è l’orizzonte concettuale che, sostanzialmente, mette un margine alle azioni sensate dell’essere umano. Gli iperoggetti bucano questo orizzonte, e ci fanno vedere cose che il margine estremo, laggiù, all’orizzonte, ci teneva ben nascosto".
A questo punto ho digerito in qualche modo anche l'altra cosa che non mi andava del tutto giù, ovvero che in fondo l'unico vero iperoggetto di cui si parla sempre è il riscaldamento globale, e tutto il discorso - a partire dal sottotitolo del libro - ha una marcata connotazione eco-futuristica. Benissimo, ma allora perché scomodarsi a definire un concetto così generale e sfuggente al tempo stesso?
La mia auto-risposta è che probabilmente la definizione di iperoggetto risponde alla necessità di strumenti concettuali che consentano una specie di interpretazione contemporanea del contemporaneo. La definizione è abbastanza generale da fornirti un modo per farti parlare di quello di cui vuoi (o devi) parlare. Perché è quella parte dell'esistente che ti soverchia («non c’è un fuori»), e/ma che non riesci ad afferrare.
Ora, se alla luce di questo penso ad una ipermusica immagino queste caratteristiche generali:
- un senso di atemporale o pervasivo o entrambe le cose
- fastidio/disagio a primo impatto, ma poi passa
- nessuna idea di modernità
- (opzionale) sottotesto ecologico più o meno evidente
A proposito del terzo punto, a mio avviso il termine "hyper-" genera un equivoco, evocando automaticamente qualcosa di nuovo o mai sentito o che in qualche modo crei un taglio con il passato. Insomma qualcosa di "moderno". Seguendo il mio ragionamento invece arrivo a pensare che paradossalmente neanche la stessa Hyperballad di Bjork, che – dice – dovrebbe aver ispirato Morton ad adottare il prefisso, sia hyper-music. E' (era) musica del tutto moderna, frutto di un percorso chiaro e voluto di innovazione, creata in un periodo in cui il mondo e la modernità non solo esistevano, ma erano al loro apice. Insomma, non ci trovo nessun collegamento con (quello che ho capito del)le teorie di Morton.
Provo quindi a delineare delle tipologie di una mia hyper-music, non esistente. Visto che arrivato a questo punto ho già fatto una fatica tremenda, non tenterò di dare nessuna giustificazione delle scelte, lasciando che a guidarmi sia l'intuizione e l'influenza dei ragionamenti che ho fatto:
1. una forma radicale di musica pop pervasiva e invadente, ossessiva e ripetitiva. Strutturalmente le canzoni sono come jingle pubblicitari estesi, sostanzialmente formate da soli ritornelli. I testi sono generalmente ottimisti. Molti campanelli.
[Rileggendo mi rendo conto che, campanelli a parte, sto descrivendo "Everything is Awesome", la canzone tema del film Lego Movie. (Per farsi giusto un'idea di massima ascoltate qui) - che poi ci pensi e vedi che è un film ambientato in un hypermondo e la storia ruota intorno a quelli che per loro sono assolutamente iperoggetti.]
2. Un revival della scena hippie freak degli anni '90 con suoni più moderni e una connotazione eco-queer, tipo un incrocio tra gli Ozric Tentacles e Arca. Complessa tecnicamente, dischi lunghissimi.
Concludo con quelli che secondo me sono esempi di hyper-music, sempre in maniera assolutamente arbitraria e incoerente:
1. la trap
2. Tomorrow's Harvest dei Boards of Canada, in particolare la traccia Jacquard Causeway
3. il k-pop
4. i Matmos
5. Get ur Freak on di Missy Elliot / Timbaland
(sì, sì, anche gli autechre, certo)
D2 - L'altro tema portante di dTHEd è la neurodiversità. Per i neurotipici, immaginare la vita di un neurodiverso è estremamente complesso, al limite dell'impossibile. È dunque lecito chiedersi se sia possibile per dei neurotipici addirittura creare dell'arte ispirata e fruibile da neurodiversi. Secondo te, cosa si potrebbe fare e in che maniera dovrebbe differenziarsi dall'arte per neurotipici? Ha senso creare un'arte con queste premesse o dobbiamo immaginare che l'arte nella sua vastità possa già soddisfare anche i neurodiversi?
Toni - Questa è difficile, ma ci provo. Considerato che i) la percezione dell'arte è piuttosto misteriosa anche per quanto riguarda i neurotipici e ii) se le forme di neurodiversità sono eterogenee e difficilmente classificabili, allora non mi sento di poter escludere che tra tutte le - sostanzialmente infinite - forme di produzione artistica esistenti ed esistite, un singolo individuo neurodiverso non possa trovare qualcosa che possa percepire come gratificante. Insomma, piuttosto che immaginare banalità, mi sento meglio a pensare che un'"arte per neurodiversi" non sia in fondo necessaria.